In ricordo di Vera Michelin Salomon
Oggi 28 ottobre 2019 ricevo questa notizia da Aldo Pavia Vicepresidente nazionale ANED Presidente Sezione di Roma – La Presidenza nazionale dell’ANED e il Consiglio direttivo della Sezione di Roma, con molta tristezza, annunciano la scomparsa, a 96 anni, di Vera Michelin-Salomon, giovane partigiana romana deportata nel carcere di massima disciplina di Aichach. Per molti anni Consigliera della Sezione di Roma e Consigliera nazionale, negli ultimi anni chiamata alla Presidenza onoraria dell’ANED.
Ho conosciuto di persona Vera Michelin-Salomon, invitandola il 27 aprile del 2006, alla Casa della Memoria e della Storia di Roma, in una conferenza/dibattito da me organizzata, dal titolo Il coraggio delle donne nella Resistenza, insieme a Marisa Ombra, Marisa Rodano e Francesca Tonetti, autrice del libro “Il vento del Quarnero”.
In seguito Vera mi ha onorato della sua presenza in diverse manifestazioni, l’ultima in ordine di tempo, la presentazione della seconda edizione del mio libro – Un ragazzo chiamato Anzio – svoltasi a palazzo Valentini il 18 dicembre 2012 (alla quale si riferiscono le foto di questo articolo) libro al quale aveva contribuito con una Postfazione che termina con queste parole: – Se riflettiamo sul nostro presente, così affannato nel suo vivere giorno per giorno, protetto dai tanti “non sapevo”, riteniamo sia ancora necessario riproporre i ricordi di chi ha partecipato e si è reso protagonista, affinché questi frammenti divengano memoria collettiva e contribuiscano a fare Storia.
Vera Michelin-Salomon nata a Carema (Torino) il 4.11.1923 era figlia di ufficiali dell’Esercito della Salvezza (organizzazione protestante di origine inglese ). Giunta alla maggiore età, sceglieva di trasferirsi a Roma (1941) dove lavorava come segretaria economa nella scuola professionale “Colomba Antonietti”. Alloggiava presso il Foyer di Via Balbo fino a quando le venne offerta ospitalità in casa dell’amica Enrica Filippini-Lera, in via Buonarroti. Iniziava qui, attraverso questa amicizia e gli incontri con ambienti e personaggi dell’antifascismo, la sua maturazione etica, culturale e politica che la porterà dopo l’8 settembre 1943, a seguire l’esempio di Enrica e dei “fratelli maggiori” antifascisti, nella Resistenza non armata ed in particolare nell’organizzazione del Comitato studentesco di agitazione. Compito di questi gruppi ristretti di giovani, era quello di distribuire materiale di propaganda antifascista contro l’occupante nazista, davanti alle scuole superiori e all’università, compito finalizzato tra l’altro, all’organizzazione di uno sciopero nelle scuole superiori, volto ad impedire lo svolgimento regolare delle lezioni e degli esami in quanto accessibili soltanto a quei giovani in grado di presentare l’autorizzazione del costituendo esercito della Repubblica di Salò.
Enrica e Vera aderirono anche alla cellula del Partito Comunista di P.za Vittorio.
Il 14 febbraio 1944 (dietro una delazione) un comando di SS faceva irruzione nell’appartamento in via Buonarroti, arrestando tutti i presenti: Paolo Buffa, Paolo Petrucci, Cornelio Michelin-Salomon e le due ragazze che arrivarono, nella casa già presidiata, per il pranzo di mezzogiorno. Enrica entrava portando con sé una borsa piena di manifestini antinazisti. Tutto il gruppo venne caricato in due automobili e trasferito a via Tasso. Vera rimaneva in quella prigione (nell’unica cella femminile) per gli interrogatori. Gli altri vennero portati a Regina Coeli dove anche Vera li raggiungerà. Il 22 marzo si svolgeva il processo a tutto il gruppo, davanti al Tribunale Militare Tedesco: furono assolti i tre ragazzi, condannate invece Vera ed Enrica a 3 anni di carcere duro, da scontarsi in Germania.
Tornarono intanto tutti a Regina Coeli, dove furono testimoni della selezione per la strage delle Cave Ardeatine: Paolo Petrucci ne rimase vittima, malgrado l’assoluzione ottenuta. Il 24 aprile Vera e Enrica vennero avviate verso la Germania, prima in camion e poi in carro bestiame. Dopo notti e giorni di grande disagio arrivano a Monaco di Baviera dove, dopo una sosta di una notte e un giorno nel KZ di Dachau, vennero immatricolate nella prigione di Stadelheim (Monaco).
Trascorso circa un mese vennero trasportate nella sede definitiva della loro detenzione: il Frauen Zuchthaus di Aichach (Alta Baviera) dove saranno liberate dalle truppe americane il 29 aprile 1945.
L’anno circa di carcere è così descritto da Vera: Certamente duro, il lavoro in cella obbligatorio, la convivenza di tre persone in una cella strutturata per una sola detenuta, la scarsità del cibo e la sensazione di essere in balia di una giustizia inesistente creavano ansia e disagio. Ma le quattro mura di un carcere hanno comunque rappresentato la possibilità di sopravivenza rispetto alla possibile detenzione nei KZ.
Alla liberazione trovarono un luogo di sosta in attesa di rimpatrio in una caserma allestita a campo di raccolta di prigionieri, ormai tutti rientrati in Francia. L’appartenenza di Paolo Buffa alle Special Forces inglesi come ufficiale di collegamento con la Resistenza italiana, permise il loro rapido rientro con un mezzo militare alleato. Arrivarono a Milano il 2 giugno 1945.
Continua ancora Vera nel suo resoconto – Il dopoguerra appartiene alla vita privata dei protagonisti. Si può solo aggiungere che la coscienza antifascista e solidale acquistata con la Resistenza è stata mantenuta vigile attraverso diversi impegni politici e sociali che hanno affiancato la mia normale vita di donna. E’ con questa coscienza che la protagonista di queste note è diventata socia e testimone dell’ANED per contribuire a tener vivo il ricordo delle responsabilità del fascismo e del nazismo nel disastro della guerra e della persecuzione feroce di popoli e di libertà, per onorare la memoria delle migliaia di donne e uomini italiani che hanno combattuto e pagato spesso con la vita, la dignità democratica del nostro Paese. –
Grazie Vera!
[articolo a cura di Carla Guidi - foto di Valter Sambucini - pubblicato da Administrator]