EMILIO LUSSU

Armungia, luogo della sua prima formazione democratica

La famiglia di Emilio apparteneva al ceto contadino benestante di Armungia (piccolo centro situato nel Gerrei), ma, grazie soprattutto all'esempio paterno, a suo parere egli visse in un clima sostanzialmente egualitario. Il paese di Armungia è stato spesso presentato da Lussu sotto un'aura mitologica, come luogo di formazione dei suoi valori più profondi (rispetto dell'uomo e del lavoro, partecipazione democratica) e in definitiva della sua identità sarda (la lingua natale, le tradizioni, l'orgoglio delle radici e la loro difesa). Questo patrimonio iniziale si rafforzò in una prospettiva più consapevolmente politica nel rapporto con le correnti repubblicane e socialiste del Novecento a Cagliari, Roma e Parigi[1][2]. Ad Armungia, il 7 agosto 2009, è stato inaugurato il museo "Emilio e Joyce Lussu", dove sono molte immagini, scritti e video[3].

Lussu e la Grande Guerra

Si laureò a Cagliari in giurisprudenza nel 1914. Nel periodo universitario Lussu si schierò con gli interventisti democratici (repubblicani e salveminiani), perché l'Italia entrasse nel conflitto contro gli imperi tedesco e austroungarico. Fu tuttavia vicino alle tesi del capo socialista Filippo Turati, che condannavano la guerra come strumento per raggiungere la pace. Come scrisse poi all'interno dell'Anno sull'Altipiano, “è da oltre un anno che io faccio la guerra, un po’ su tutti i fronti, e finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda, tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! È orribile!”; condannò poi i giornalisti che sono "come Ariosto: descrissero cento battaglie senza vederne una sola". Lussu prese parte direttamente alla Grande Guerra come ufficiale di complemento,valoroso combattente, venne decorato quattro volte al valor militare e fu promosso fino al grado di capitano nel 151º fanteria della Brigata Sassari, composta per la maggior parte da contadini e pastori sardi. I due reggimenti 151° e 152° che formavano la brigata,durante il conflitto, furono decorati entrambi per due volte con la medaglia d'oro al valor militare.

Nel 1916 la Brigata fu inviata sulle montagne intorno ad Asiago per creare un fronte che resistesse a qualunque costo alla discesa degli austriaci verso Vicenza e Verona. Le vittorie della brigata nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco che la impegnarono sino al luglio dell'anno successivo sul Monte Zebio e sulle Melette, in una sfiancante e sanguinosa lotta che, più che per avanzare, si conduceva per la tenuta delle posizioni.

Questa esperienza ispirò a Lussu il capolavoro per il quale è principalmente noto, Un anno sull'Altipiano, scritto nel 1937 (di quest'opera è stata fatta un riduzione cinematografica ad opera di Francesco Rosi dal titolo Uomini contro del 1970); si tratta di un'importantissima memoria, di un prezioso documento sulla vita dei soldati italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità e il non-senso della guerra, della gerarchia e dell'esasperata disciplina militare in uso al tempo.

Dotato di un algido razionalismo, l'autore poté lucidamente dimostrare nel suo scritto la profonda differenza fra ciò che davvero accadeva ai soldati e quanto invece ne conosceva l'opinione pubblica; dipinse in tutti i suoi drammatici aspetti quanto fosse inutilmente crudele la disciplina militare applicata a poveri contadini analfabeti e quanto infondato fosse il rispetto dovuto ai generali e agli ufficiali superiori, i quali avevano e applicavano eccesso di arbitrio. In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso, indefinito mondo esterno: «... tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando».

Si è detto che l'opera stia costantemente guadagnando in modernità, se non proprio attualità, e che il suo contenuto stia con pari costanza guadagnando comprensibilità e condivisibilità man mano che la comune considerazione della guerra evolve nel senso di generale riprovazione. Effettivamente, molti dei concetti espressi nel libro hanno trovato postumo suffragio in noti movimenti culturali, ideologie politiche e sentimenti popolari di epoche successive, specialmente dopo la Seconda guerra mondiale e altri conflitti minori.

Al libro sono stati attribuiti diversi significati politici, talora per meri fini strumentali, ma essenzialmente è scritto in forma di reportage, a mezza via fra il resoconto giornalistico ed un racconto in termini familiari; le riflessioni contenute o suggerite sono piuttosto ad un livello morale o filosofico. Essendo stato, prima della stesura dell'opera, un interventista ed un rivoluzionario, Lussu sembrò in qualche modo compiere un'inversione di marcia rispetto ai convincimenti precedenti, descrivendo con sobrietà che cosa davvero sia, nei suoi momenti più crudeli, quella guerra dapprima cercata come conflitto dell'istituzione e poi come conflitto contro l'istituzione. Al libro si riconosce comunque la capacità, anche estetica, di tenere insieme la ripulsa della guerra e l'etica del combattente coraggioso.

Non rimase fuori dalla narrazione il tema sociale riguardante il modo in cui le classi inferiori venivano "usate" a fini bellici. La partecipazione delle masse contadine sarde alla Grande Guerra fu in effetti un momento di passaggio fondamentale che pose in termini completamente nuovi la "questione sarda". Alla luce delle lotte condotte dal movimento socialista dell'epoca (la rivoluzione russa fu essenzialmente una rivoluzione contadina) essa divenne infatti il leitmotiv di un imponente moto di popolo che, nell'immediato dopoguerra, coinvolse ampi strati delle classi lavoratrici sarde. Fra i suoi organizzatori, Lussu fu uno dei più attivi ed amati[4].

L'antifascista e il politico

Il primo dopoguerra

Alla fine della guerra (1919), insieme a Camillo Bellieni ed altri reduci, Lussu fondò il Partito Sardo d'Azione, caratterizzato fin dall'inizio come movimento autonomista e federalista, che pose al centro della sua azione politica la "questione nazionale sarda". Fu un movimento di massa che coinvolse i contadini e pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli, contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti e prese linfa soprattutto dall'Associazione Nazionale Reduci e Combattenti di cui praticamente tutti gli aderenti sardi vennero iscritti d'ufficio al nuovo partito. Il partito fu munito di personalità giuridica e venne formalmente costituito nel 1921, con l'obiettivo, non certo accessorio, di contrastare la crescita del movimento dei Fasci.

Inizialmente Lussu fu incaricato di trattare un'eventuale fusione tra il Partito Sardo d'Azione e il Partito Fascista, ma nel corso delle trattative si ritirò dall'incarico. La fusione tra Partito Sardo d'Azione e Partito Fascista fu portata avanti da altri esponenti come Paolo Pili, ed ebbe parzialmente successo, ma non ebbe l'appoggio di altri intellettuali e dirigenti del partito come Camillo Bellieni, Francesco Fancello e lo stesso Lussu. Nello stesso anno Lussu fu eletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della "secessione aventiniana", nota forma di protesta messa in atto dall'opposizione parlamentare dopo il delitto Matteotti.

Nonostante una prima sottovalutazione del fenomeno fascista, la sua posizione fu in seguito tra le più radicali e nette.

« In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta (come in effetti fu) soltanto militarmente: da qui l'organizzazione degli Arditi del popolo contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra civile spagnola con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nel Partito d'azione[5].[6] »

Le aggressioni fasciste, il confino e la guerra civile spagnola

Fu più volte personalmente e fisicamente colpito (e ferito) da aggressori rimasti ignoti. Nel 1926, durante uno di questi attacchi (per combinazione subíto lo stesso giorno dell'attentato a Mussolini, a Bologna[7][8]), Lussu sparò ad uno dei numerosi aggressori che cercavano di introdursi nella sua casa di Cagliari armati di tutto punto, lo squadrista morì in seguito alla ferita, e Lussu venne perciò arrestato e processato. In Marcia su Roma e dintorni, Lussu racconta questo episodio, sia pur con pietà per l'uomo che fu costretto ad uccidere, in maniera tragicomica, un episodio cioè in cui tutti i fascisti e gli squadristi che allora esistevano a Cagliari e nel cagliaritano, armati di tutto punto, con la complicità di polizia e carabinieri, si erano dati ad una precipitosa fuga quando, dopo aver cercato di sfondare la porta della sua abitazione, lui aveva aperto il fuoco. Gli fu riconosciuta anche dal tribunale, oramai in via di fascistizzazione, l'innegabile circostanza di legittima difesa, ma poco tempo dopo fu condannato a 5 anni di confino a Lipari dal Tribunale Speciale, dipendente direttamente dallo stato fascista.

Dal confino Lussu evase nel 1929 insieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti grazie all'aiuto del socialista Italo Oxilia, che con un motoscafo li portò a Tunisi[9]. In seguito Nitti narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione pubblicato in edizione italiana solo nel 1946 (del 1929 è la prima edizione in inglese col titolo di Escape). Da Tunisi Lussu raggiunse Parigi, dove scrisse un libro sugli avvenimenti di quel decennio (La catena). Insieme a Gaetano Salvemini e allo stesso Rosselli diede vita al movimento antifascista "Giustizia e Libertà", ideologicamente orientato in senso socialista liberale, che proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime e sradicare dalla società italiana le sue cause (culturali, economiche, politiche); compì le sue attività clandestine con il nome in codice di "Mister Mills". Nel 1931 scrive "Marcia su Roma e dintorni" riguardante gli avvenimenti che lo videro protagonista a partire dal dopoguerra fino all'evasione da Lipari. Nel 1936 fu in Svizzera per curare la tubercolosi contratta in prigionia, e qui scrisse un libro di stile manualistico sulla teoria dell'insurrezione e il noto libro "Un anno sull'altipiano", narrante gli eventi relativi agli anni 1916 e 1917 che lo videro prendere parte alla battaglia contro gli austriaci nell'altipiano di Asiago.

Prese parte alla guerra civile spagnola nel fronte antifranchista (anche se soltanto brevemente, a causa delle sue cattive condizioni di salute). Il suo ritorno in Italia (e in Sardegna) avvenne solo dopo l'armistizio del 1943, in un paese ben presto occupato dai nazisti. Dopo la fusione di Giustizia e Libertà e Partito d'Azione, diventato uno dei leader della nuova formazione politica, partecipò alla Resistenza a Roma, mantenendo comunque stretti rapporti con il Partito Sardo d'Azione. Come esponente di punta dell'ala socialista del partito guidò lo scontro contro la corrente liberaldemocratica di Ugo La Malfa[10], un conflitto che fu la causa scatenante della scomparsa del Partito d'Azione. Il tormentato rapporto di Lussu con la dirigenza moderata e conservatrice del partito sardo post-bellico sfociò nel 1948 in una rottura: la corrente lussiana fondò un nuovo partito (il Partito Sardo d'Azione Socialista), che confluì di lì a poco nel PSI.

Il secondo dopoguerra

Nel 1945 fu ministro all'assistenza postbellica nel primo governo di unità nazionale dell'Italia libera, quello presieduto per breve tempo dall'azionista Parri e nel successivo governo del democristiano De Gasperi, come ministro senza portafoglio per i rapporti con la Consulta.

Nella seduta alla Camera del 13 dicembre 1947, i deputati Alberto Cianca e Lussu avevano mosso delle accuse nei confronti di Francesco Chieffi: il primo l'aveva nominato "collaboratore dei tedeschi", ed il secondo aveva dichiarato che Chieffi era stato "fornitore di donne ai tedeschi".
Il 22 dicembre 1947 un'apposita Commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta da Luigi Gasparotto, concluse che le accuse erano senza fondamento sotto ogni profilo[11].

Nel 1964 partecipò alla scissione del PSI da cui nacque il PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) contro la politica di intese con la Democrazia Cristiana avviata da Nenni. Tuttavia guardò con crescente distacco a questa nuova esperienza a mano a mano che il PSIUP entrò sempre più nell'orbita del PCI.

La sua vecchiaia operosa lo vide scrivere importanti pagine di storia (fra le quali quelle dedicate alla vicenda del Partito d'Azione), e fu sempre in contatto con la sua terra, dei cui problemi discusse fino all'ultimo. Morì a Roma nel 1975.

La complessità dell'uomo

Il cambiamento di posizione concettuale rispetto alla guerra fu oggetto di intensa discussione nel mondo politico[senza fonte], più che in quello letterario: prima giovanissimo interventista, poi esponente di punta delle trattative che dovevano condurre il Partito Sardo d'Azione alla fusione con il Partito Fascista, poi ancora, nell'esilio imposto dai fascisti, autore di un manuale sull'insurrezione contro la tirannide (Teoria dell'insurrezione), e poco tempo dopo autore di un testo che sarebbe difficile non definire come pacifista; poi ancora volontario in Spagna, Lussu consegnava ai critici un'impostazione ideologica ed etica originale, anche se non priva di aspetti problematici. Su di essi gli avversari politici (dai fascisti agli indipendentisti sardi reazionari; dai clericali agli stalinisti) tentarono di speculare per mettere in ombra il suo percorso politico ed umano, improntato ad uno schietto ed intransigente socialismo libertario, sardista e federalista.

Fu interventista democratico (e non nazionalista, come molti di coloro che poi confluirono nel movimento fascista nel primo dopoguerra) all'età di 23-24 anni: l'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di quella grande carneficina e ne trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte politiche. Lottò, infatti, al fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta (come in effetti fu) soltanto militarmente: da qui l'organizzazione armata delle "camicie grigie sardiste" contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra civile spagnola con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle file del Partito d'Azione.

Non rinnegò mai le sue radici sarde e disprezzò sempre chi lo fece; Lussu tuttavia non fu un indipendentista e la sua azione politica non può essere confusa o assimilata a questa opzione netta[12]; restò in contatto sia personale che epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo (compresi quei sardisti dai quali si era allontanato al momento della scissione); visitò, anche in qualità di uomo politico, numerose volte l'isola, ed il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo (consapevole che si trattava di ben poca cosa rispetto all'autogoverno derivante dalla trasformazione federalista dello Stato, obiettivo per cui lottò una vita) e richiamò l'attenzione del governo e delle altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali del popolo sardo e, in particolare, delle sue classi lavoratrici e proletarie (si vedano i due volumi dei suoi Discorsi parlamentari e la raccolta postuma di interventi Essere a sinistra).

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